Gli esperti la chiamano già “società 5.0”, una società in cui l’economia del futuro sarà sostenibile «by design», in grado cioè di guidare i processi produttivi necessari a far fronte al cambiamento climatico e alla scarsità di risorse energetiche, anche nell’ottica di una riduzione delle disuguaglianze e grazie all’utilizzo delle innovazioni tecnologiche. Serviranno nuove città, nuovi modelli lavorativi, nuove comunità. Un miraggio? Un esercizio di stile? Non necessariamente. Solo in Italia sette giovani su dieci e sei imprese su dieci identificano già la transizione ecologica come un elemento determinante per il passaggio alla società del futuro, mentre sono oltre i due terzi le imprese secondo cui l’attuale modello economico non ha contribuito ad uno sviluppo sostenibile. A Cernobbio, all’interno del Forum The European House – Ambrosetti, il mondo della finanza, delle imprese e della politica mostra di sapere bene che l’avvento dell’«era green» non è più rimandabile. Al tempo stesso, però, serve agire in fretta.
È in particolare il settore energetico, primo settore economico in Europa e in Italia per intensità degli investimenti (pari al 39% del valore aggiunto generato), ad essere ritenuto fondamentale per il progresso sociale ed economico che porterà alla società del futuro, sostenendo nuove filiere produttive e promuovendo modelli responsabili. Per finanziare la transizione ecologica, secondo stime Ue, serviranno tra i 175 e i 290 miliardi di euro di investimenti l’anno. Diversi gli studi a questo proposito presentati a Cernobbio, come l’analisi elaborata da Edison e The European House – Ambrosetti e che ha individuato tre mega trend delle evoluzioni che condurranno alla società del 2050: le dinamiche geopolitiche ed economiche, che ruotano attorno alla contrapposizione tra blocco occidentale e blocco “sino/russo”; i trend demografici; l’evoluzione tecnologica, alle prese con lo tsunami dell’intelligenza artificiale. « Il ruolo abilitante del sistema energetico per il progresso umano assume una rilevanza senza precedenti – spiega l’ad di Edison Nicola Monti –. È sufficiente pensare che tra gli Obiettivi di sviluppo sostenibile definiti dalle Nazioni Unite, 6 su 17 (e 28 target) sono direttamente impattati dall'energia».
Già oggi le imprese italiane sembrano pronte al cambiamento: quasi una su due sta portando investimenti e piani per realizzare la transizione ecologica. «Per cogliere appieno i benefici dell’attuale transizione energetica, non basta fare massicci investimenti nelle infrastrutture, ma è anche necessario sviluppare le competenze locali e rafforzare le filiere industriali “green”», raccomanda però Valerio De Molli, ceo di The European House – Ambrosetti. Secondo uno studio di Fondazione Enel, importante, per l’Italia e l’Europa, sarà lo sviluppo di filiere industriali in settori come il fotovoltaico, le batterie, le pompe di calore, in grado di contribuire al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, con ritorni socioeconomici fino a 640 miliardi di euro al 2030 a livello europeo. Il maggiore incremento della capacità installata in Europa è previsto per il fotovoltaico: si prevede che tra il 2021 e il 2030 l'Ue registri un aumento di 432 GW per il solare. «Il processo di decarbonizzazione rappresenta un’opportunità unica per sostenere settori industriali importanti della nostra economia e ridurre la dipendenza dall'estero – chiosa Nicola Lanzetta, direttore Italia di Gruppo Enel –. Un obiettivo realistico a condizione che a essere innovata, in senso sostenibile, sia l'intera catena del valore ».
La necessità di innovazione sul fronte della piena decarbonizzazione dell’industria è al centro di un ulteriore studio presentato a Cernobbio da Eni e Snam, secondo cui nei settori energivori italiani circa il 48% delle emissioni di C02, pari a 30,8 milioni di tonnellate, dovrà essere abbattuto facendo leva su soluzioni di cattura e stoccaggio, come quella rappresentata dalla realizzazione dell’hub di Ravenna. Ma “carbon neutral” è anche il nuovo centro di produzione e innovazione di Bat Italia a Trieste, con un investimento da 500 milioni di euro per 2.700 posti di lavoro. «Siamo convinti che questa sia l’unica strada per riuscire a trovare un equilibrio tra la crescita dell’azienda a livello italiano e globale e un patto con la comunità dal punto di vista della sostenibilità collettiva», sottolinea Fabio de Petris, ad di Bat Italia. Le imprese, insomma, stanno già giocando la loro partita nell’ottica di una transizione verde sempre meno rimandabile.